1992
Avevamo 20 anni, in mano gli appunti dell’università e la vita.
Partivamo la domenica sera col treno delle nove e un borsone con i contenitori di plastica delle nostre madri colmi di lasagne e torte di verdura.
Il lunedì eravamo ricchi.
Cinquantamila lire in tasca e cibo in abbondanza.
Il martedì ci accoglieva col sorriso di chi ancora sente di potere tutto. Con una pasta al tonno eravamo dei signori e il frigo regalava qualche birra per poter chiacchierare tutti insieme davanti alla TV.
Erano gli anni di Mai dire gol e Avanzi, con Sabina Guzzanti che imitava Moana, gli anni in cui vacillava la prima repubblica, gli anni della campagna di prevenzione all’ Aids.
Al mercoledì, tra biglietti dell’autobus per andare in facoltà e tramezzini a pranzo i tesoretti portati da casa iniziavano a crollare. Si mettevano insieme le forze e si comprava insalata al mercato, mais e peperoni. Ci mangiavamo in cinque e alle nove di sera ci saremmo mangiati a vicenda.
Il giovedì aveva già il profumo di casa, la resistenza del penultimo giorno.
Una cipolla soffritta restituiva l’idea di casa e si buttava una pasta con carote, rosmarino, odori schiacciati. La chiamavamo la “pasta al niente” e ci traghettava verso il venerdì, con un piede già sul treno verso casa.
Rientravamo con i borsoni pieni di panni da lavare e lo spazio vuoto dei contenitori di mamma dimenticati colpevolmente nel frigo.
Ci preparavamo a tornare figli, con la tavola pronta e i soldi in tasca per il fine settimana.
Non sapevamo che la sessione estiva d’esame l’avremmo preparata con il boato della bomba di Capaci e di via D’Amelio nelle orecchie.
Alla radio passavano gli 883 e Jovanotti pensava positivo, il cavaliere buttava nella pentola gli ingredienti per cucinare i futuri vent’anni del paese e noi avevamo incubi per i piani di studio e per gli appunti da ricopiare.
Avevamo il futuro tra le pagine dei libri, la libertà di poter sognare e un’insaziabile fame di vita.
Eravamo felici e non lo sapevamo.
Bellissimo. Io lo ho vissuto molto prima, circa 25 anni o giù di lì, non sentivamo Jovannotti né il boato della strage di Capaci, ma abbiamo visto sparire gli studenti greci quando i colonnelli sono andati al potere e abbiamo vissuto, più vicino a noi, gli anni della Rosà dei venti. Ma il borsone della domen8ca, i soldi in tasca il lunedì, molti meno ai miei tempi, e soprattutto i contenitori che si svuotamento troppo presto, erano gli stessi