Nanna
Mio figlio dorme con me tutte le volte che vuole.
Ci dorme perché si sveglia spesso di notte, ma appena ci abbracciamo, subito richiude gli occhi.
Ci dorme perché mi ricordo bene quella sensazione di pace assoluta che provavo quando i miei genitori alzavano le coperte per farmi andare in mezzo a loro.
Ci dorme perché sento vivo il suo bisogno di sentirmi, con la mano appoggiata sulla mia bocca che respira piano, cuore su cuore.
E se sbaglio, se non sono brava come quelle mamme che seguono i libri e li abituano da subito alla culla e al lettino, qualcuno mi perdonerà.
Ma quel suo pianto nella culla o nel lettino mi chiamano forte: “Non voglio stare solo mamma.” E io solo non posso lasciarlo.
Metterlo vicino a me gli dice più di ogni parola che ci sono.
Verrà il tempo della cameretta, della favola e del bacio della buonanotte, della porta socchiusa fino al mattino.
Verrà il tempo in cui non ci saranno le sue ginocchia sui fianchi o suoi piedini puntati sulle mie costole e verra’ il tempo in cui non avrà più bisogno di me.
Ma ora il tempo è qui e ora.
E dormire vicini è la sua cintura di sicurezza sul mondo.
E quella cintura la sblocchero’ quando me lo diranno i suoi occhi.
Non perché ho letto un libro, non perché gli altri fanno così, non perché “DEVE” imparare.
Ci sono ora, nel buio della notte.
Ci sarò sempre nel buio della vita.
Ecco, forse questo lo imparerà.
E mi sembra più importante
Irene Renei
www.donnechepensano.it