Figli di Amazon
Mandiamo indietro bambini come pacchi di Amazon con la gonna dal colore sbagliato.
Cosa stiamo diventando?
Cosa ci fa pensare che essere genitori sia dovuto?
Tanto dovuto da poter scegliere di far venire al mondo una figlia con una maternità surrogata per poi decidere di abbandonarla a una Tata in un altro paese del mondo, per poi dichiarare, davanti a un magistrato, che quella bimba non la vogliamo perché non ha niente di noi.
Guardo mio figlio, che non ha niente di me e penso se mi dicessero domani che non ha il mio sangue.
E non cambierebbe niente, perché l’amore non è sangue, non è cognome, non è colore.
L’amore è altro, è cura, è sacrificio, è tempo, è tatto e profumo, è memoria dei primi sorrisi, dei primi passi, delle cadute e dei pianti, è conoscenza dei limiti, dei difetti, delle mancanze, è non riuscire a fare a meno di niente di quell’ essere cresciuto in simbiosi con te.
L’amore si impara, anche quello per i figli.
S’impara un giorno dopo l’altro, tra la fatica e il latte che non viene, tra i capricci che ti sfiancano e le notti in bianco.
Non si nasce madri, si diventa madri.
Si partoriscono figli di sangue, si partorisce adottando, si partoriscono figli in affido.
Si partorisce con il cervello e non con l’utero e il sacco amniotico.
Poteva partorire anche lei, che tanto voleva essere madre da decidere una maternità surrogata.
Invece a deciso di non farlo.
In nome di un diritto che vede solo lei e che forse nemmeno la legge italiana potrà trovare il modo di minare.
E forse soffrirà, forse questo macigno se lo porterà nel cuore o forse no.
Forse è meglio abbia deciso così, forse avrebbe cresciuto una bambina senza amore.
I forse e i se sono montagne con cime irraggiungibili.
Io la cima neanche la vedo.
Pero’ vedo una creatura di undici mesi che ha diritto di essere amata.
Vedo una società che non conosce più il limite tra la decenza e i propri capricci.
Siamo arrivati al capolinea dell’egoismo.
Ultima fermata.
Dopo questa il buio.
Irene Renei
www.donnechepensano.it