Donne
Sono nata 20 anni fa,
In un mattino d’inverno.
Ho lasciato il mio girovita 58 nel cassetto dei ricordi e l’ho scambiato per due tette enormi che sgorgavano amore, sangue e latte, innamorata e nuova di fronte a quel dono di Dio che tenevo tra le braccia.
Sono nata ancora, diversa, quando ho conosciuto l’uomo della mia vita, anni dopo, quando ho dovuto insegnargli le carezze, le lacrime, gli abbracci mancati.
Sono nata ogni volta che gli amici dei miei figli mi hanno chiamato “Mamma” per dirmi grazie dell’accoglienza, dell’ascolto, dei baci sulla fronte da cui non possono salvarsi.
Sono nata ancora col mio primo cane.
Io e lui sdraiati stretti sul divano per far passare tremiti e guaiti.
Nasce una madre in ogni forma d’amore per l’altro, che non c’entra col sangue, con ovuli e placenta, col genere, col raziocinio.
Nasce una madre nella dedizione, nel prendersi cura, in un pigiama messo sul calorifero in una sera d’inverno, in un dolce fatto la mattina alle cinque e messo sul tavolo per la colazione.
Nasce una madre tra le corse al lavoro e i panni stesi di fretta.
Nasce una madre davanti ad una scrivania, sommersa da fogli e sensi di colpa per il tempo rubato ad altri e a se stessa.
Nasco figlia di una donna di acciaio e pasta di zucchero, vocabolari di parole nella testa, insegnamenti e consolazione.
Nasco da una donna severa e piena di abbracci di baci, di regole ed eccezioni.
Nasciamo figlie e diventiamo madri in una sorta di intruglio magico fatto di ingredienti diversi, ognuno a suo modo, con la sua valigia, madri di un mondo che ci mette spesso per seconde per terze per ultime, madri di un mondo che non ci capisce e ci uccide.
Nasciamo lupe con anime selvagge che cercano tutti di ammansire.
Perché siamo troppo.
Troppo intraprendenti, troppo organizzate, troppo esigenti , troppo cuore in tanta testa.
Nasciamo da Gea, ci plasmiamo col sangue, con l’acqua, col fango.
Diventiamo solide come una statua ma spesso fragili come l’argilla.
E allora ci mettiamo armature per combattere contro disparità, contro il dolore, incapaci di proteggerci da una vita e da leggi fatte dall’uomo per l’uomo
Non vogliamo feste programmate e cene a lume di candela.
Non vogliamo panchine rosse e lacrime di coccodrillo.
Vorremmo giustizia sociale, parità nel lavoro.
Vogliamo protezione nelle nostre case.
Vogliamo uscire serene dal turno di notte, senza guardarci le spalle con la paura ad ogni rumore, con un occhio ai vestiti che abbiamo.
Vogliamo asili condominiali, nelle aziende, negli ospedali .
Vogliamo colloqui di lavoro in cui non venga analizzato il nostro utero ma il nostro curriculum.
Vogliamo smetterla di doverci far largo a spintoni in un mondo che sussurra al maschile
Nasciamo ogni volta che crediamo in noi,
Ogni volta che non ci dimentichiamo chi siamo.
Nasciamo nuove in ogni donna a cui avete tolto il respiro.
E voi nascete da noi, uomini.
La terra è donna
Irene Renei