Lezione numero mille
Oggi c’era una grande festa.
E io sono stata invitata.
La mamma che affianco nell’affido condiviso mi ha voluto con lei a gioire dopo che per un mese ero stata con lei a seguire passo passo la sua vita in Ramadan.
Siamo partite due anni fa dalla lezione numero uno: una donna, per amore dei propri figli trova forze sovrannaturali.
Il modo in cui si è salvata e li ha salvati, il racconto della sua vita mi aveva lasciato un senso di ammirazione e sgomento.
Avrei saputo io fare la stessa cosa? Ne avrei avuto il coraggio?
In questi anni siamo passati dalla lezione numero uno alla novecentonovantotto.
E strano a dirsi ma era sempre lei a darle a me queste lezioni, benché per il mondo fuori fosse il contrario .
Ma io non avevo proprio nulla da insegnarle in realtà.
L’unica cosa che avevo era il tempo e la libertà di una donna europea.
La penultima lezione è stato il suo Ramadan
Ecco, se avevo dubbi sulla forza, la mia intendo, qui ho avuto la certezza.
Non ne sarei capace.
Ho visto questa donna alzarsi alle sei tutte le mattine, portare i bimbi a scuola in autobus, correre a piedi al lavoro per correre ancora alle quattro all’uscita di scuola e fare la spesa e poi con zaini pesanti, sacchetti ingombranti, due piccoli per mano avviarsi verso casa.
Il tutto senza bere nemmeno un sorso d’acqua, senza mettere in bocca nulla fino a che non arrivava il buio.
L’ho vista pallida e stanca parlare con fatica per la bocca impastata.
Non l’ho mai vista perdere il suo sorriso .
E se per caso arrivavo all’ora della merenda o del caffè guai se non accettavo i biscotti e il the alla menta che davanti al suo digiuno avevano un sapore amaro.
È così lontano tutto questo dal nostro sacrificio cristiano, che dura due Ave Maria e niente carne al Venerdi in quaresima sempre se mi ricordo.
Lei non mette il velo, non prega sempre, veste come me “ma il Ramadan lo voglio fare, perché mi fa bene.
La fatica, il digiuno mi aiutano a pensare che non tutto è dovuto.”
Peccato che il suo tutto abituale vi assicuro, è molto poco.
Ed oggi l’ultima lezione.
Oggi è “Eid al Fitr” la rottura del digiuno. La fine del Ramadan.
Una festa grande, come il nostro Natale.
Oggi si riuniscono le famiglie e si mangia.
Dolci di mandorle e the verde e tutto quello che si vuole.
Oggi si mettono vestiti nuovi, dalla camicia alle scarpe.
Oggi è la festa dei bambini, che devono giocare insieme e chiedere tutto perché saranno accontentati.
Oggi io ero la sua famiglia, perché lei non ha nessuno qui.
Siamo andate in città, i bimbi stupendi nei loro vestiti immacolati pagati con la fatica infinita dei suoi mille lavori.
E camminando nel centro città, nella mia città, abbiamo incrociato frotte di bambine vestite da principesse e donne con veli di seta rosa e arancioni, vesti cangianti lunghe fino ai piedi, uomini con abiti tradizionali e copricapi particolari.
E io mi sono chiesta: come è possibile, come ho potuto non far caso mai a questo?
Dove camminavo io il giorno dei precedenti “Eid al Fitr”?
E ho capito che non siamo in grado di vedere ciò che non conosciamo.
Non sappiamo codificare ciò che è fuori da noi.
E viviamo così, convinti di sapere tutto e in realtà non sappiamo niente.
Mi sono voltata indietro e ho ripensato al Natale passato insieme in Comunità.
Ai Babbi Natale che venivano a portare i regali ai suoi bimbi, al Pandoro, all’albero che insieme abbiamo fatto, a Gesù nel presepe.
Ho ripensato alla grazia assoluta con cui lei collaborava, a come teneva in piedi il gioco.
Ho pensato che nulla di ciò le apparteneva e nonostante questo ha lasciato che i suoi figli credessero in quell’uomo dalla barba bianca e che si facessero il segno della croce, insieme agli altri bambini, di fronte al bambinello nudo, la notte di Natale.
Lei ha lasciato entrare.
Oggi ho lasciato entrare io.
E se non fosse vero, come dice lei, che diamo solo nome diverso alla stesso Dio, e che lo onoriamo solo in modo diverso, ecco se non fosse vero questo, poco importa.
Poco importa che ci sia o non ci sia.
Perché a questo punto la fede non è il centro.
Lo è il rispetto.
Saper accettare per essere accettati.
Ecco, lei mi ha insegnato questo: che solo un assoluto rispetto reciproco potrà salvarci dall’essere delle brutte persone.
Lezione numero mille nel giorno di “Eid al Fitr”
Irende Renei