Disordine
Se l’auto è il biglietto da visita del proprietario io sono fottuta.
Questo ho pensato stamattina, salita in macchina, con un occhio al tappetino di destra.
Bottigliette piene e vuote, pacchetti di sigarette finiti, mascherine cadute dalla borsa lasciate lì da buttare.
” Se qualcuno mi chiede un passaggio c’è da vergognarsi”
Per anni mi sono difesa da me stessa dando la colpa ai bimbi : cartoni del Mac menù, carte dei Pokemon, involucri di merendine e dietro palloni, zaini, biciclette, cappelli, ombrelli.
Ma ora no, ora la colpa è tutta mia.
Esterno il mio disordine interiore.
Tutto nell’auto.
Il mio anticonformismo, la mia fretta cronica, i mille pensieri che si susseguono come cavalloni in tempesta.
Butto sul tappetino i miei me ne frego, segreti di una donna che chiude la portiera col telecomando e si avvia sui tacchi e col cappottino nero in un mondo che la vede perfetta.
Se vuoi salire sulla mia auto devi prima salire su tutti i miei difetti, sulle cose lasciate a metà, gli esami non dati, le visite mediche rimandate, le ricevute della mensa perse.
E se apri il cassetto del cruscotto trovi le tracce di una vita che ci prova, ci prova davvero a far le cose per bene. Salviette umidificate aperte (le prime dieci secche) assicurazione: degli ultimi dieci anni però, che quando per sbaglio mi fermano a un controllo gliele butto tutte in mano, come se giocassimo un giro di briscola.”C’è l’asso tra le vostre?” e intanto il panico mi assale.
Foto dei bimbi, ricette mediche scadute, fazzolettini di carta schiacciati, una penna.
Il mio grande vanto. La Bic senza tappo che non mi tradisce mai, continua a scrivere nonostante gli anni.
E se l’auto è il mio biglietto da visita, facciamo che io mi presento prima.
Ti dico tutto, prima di farti salire.
Sono una casinista che in casa fa finta di essere ordinata.
Sono impulsiva, sono imprevedibile, sono originale.
La macchina è al mio servizio, non io al suo.
Mi porta di qua e di là, mi innervosisce già quando pretende benzina, l’olio poi da me non lo avrà mai.
Che si arrangi come può e finché può. Quando implorerà con la lucina rossa troveremo un accordo.
Decido io il limite e non lei.
L’ultima volta il limite è stata una piantina nata sul tappetino di guida, dopo il lockdown dell’anno scorso.
Allora la curo con amore e curo un po’ anche me.
È come aprire una scatola dei ricordi, non sai cosa ti arriverà fra le mani.
E ogni volta mi stupisco della mia faccia stupita di fronte ad oggetti ritrovati, soldini tra i sedili.
Sciocca donna che si fa felice di poco, che ancora sorride a cinquant’anni, con la bocca spalancata di sorpresa di fronte a quell’orecchino di corallo che non trova da due anni.
E profumo tutto, lucido il volante, metto il libretto di circolazione in evidenza, i CD rigati nel contenitore e chiudo la portiera soddisfatta.
Dai, com’è carina!
Tanto lo so che durerà poco, giusto qualche giorno, finché il primo scontrino di un parcheggio finirà stropicciato per terra.
Ma di una cosa sono sicura, più di ogni altra certezza che ho.
Che finché sarà così pulita, nessuno, dico nessuno, mi chiederà un passaggio.
Irene Renei