A ognuno il suo tempo
Vorrei avere l’orologio dei miei figli.
Quando il troppo presto e il troppo tardi si scioglie nella relatività.
Non è mai troppo tardi per correre e prendere l’autobus che li porta a scuola ed è sempre troppo presto l’orario che tu dai per rientrare.
Esattamente il contrario di come il tempo lo penso io.
Non è mai cosi tardi da andare a dormire,
Non è mai cosi tardi da iniziare i compiti,
Non è mai cosi tardi per quello che vorrei io che facessero.
Ed io vorrei fare un bagno nel loro tempo adolescente dove le priorità sono rovesciate e rimanere immersa in una vita in cui il piacere è al primo posto e il dovere ci pensiamo dopo.
L’ho capito bene ieri sera quando a venti minuti dall’ orario dell’autobus che avrebbe dovuto riportare a casa mia figlia, la chiamo felice di farle una sorpresa. “Amore sono in città, siamo venuti a prendere la pizza, se vuoi ti prendo io.”
Pausa di silenzio ” No no mamma grazie, prendo l’autobus fra venti minuti.”
Che nel nostro caso vuol dire “Prendo l’autobus e mi faccio trecento scalini in salita invece che arrivare comoda nel parcheggio di casa”
Lo sguardo attonito di mio marito mi entra nell’anima.
E alle sue parole:” Ma questa è folle! Per venti minuti?”, la mia anima si apre ai miei sedici anni dietro l’angolo e rispondo:
” Ma tu lo sai cosa sono venti minuti a sedici anni? Sono lui che è in ritardo e tu che speri di vederlo prima di andar via.
Sono labbra che si assaggiano con la schiena contro il muro del palazzo.
Sono ti amo che potrebbero arrivare, sono una sigaretta tra le dita e l’odore che deve passare prima di entrare in casa.
Sono una lite che no, non posso venir via se non facciamo pace.
Sono brividi nella schiena perché mi ha guardato, proprio a me .
Sono, venti minuti a sedici anni un mondo di possibilità, di sorrisi, di lacrime, una pioggia di risate con le amiche, di canzoni che ti accartocciano il cuore, sono il morso di un panino che mi ha offerto, che non si dovrebbe fare, che c’è il coronavirus, ma chi se ne frega a sedici anni.”
Lui mi guarda attonito :”Quindi?”
” Quindi lasciamola qui, che magari con venti minuti di distacco noi arriviamo a casa, mangiamo la pizza, ci sdraiamo sul divano e ci baciamo un po’ in santa pace, come starà facendo lei lì fuori!”
” No no, non voglio sapere, ci baciamo noi e basta.”
Ed accendiamo il motore e ce ne veniamo via, con il profumo della pizza fumante ed il cervello fumante anche lui di ricordi sfumati, di vecchi piccoli amori che non ti facevano dormire, di quel troppo presto che era l’orario deciso da mio padre, di quel troppo tardi che sono i nostri quarant’anni abbondanti.
E mi domando, se non fosse per i nostri ragazzi che ti prendono per la maglia e ti tirano indietro alla velocità della luce, cosa ci ricorderemmo del nostro tempo relativo, della nostra vita a sedici anni, dove tutto succede e può succedere ancora…
Irene Renei