L’estate delle mamme
Le mamme che lavorano non si godono l’estate.
La passano tra capriole e salti mortali per trovare una sistemazione ai figli.
Capriole da giugno a Settembre, salti mortali se non ci sono i nonni, magia e sortilegi se sono donne sole.
Le mamme che lavorano scacciano nelle notti calde zanzare e sensi di colpa che pungono e pizzicano la pelle.
In colpa per cosa? Perché lavorano.
Qualcuno dica loro che non è motivo per sentirsi in colpa.
È una malattia che ci hanno messo nel sangue ma dobbiamo imparare a guarire.
Le mamme che lavorano contano i giorni ora, a fine Agosto, per tirare un sospiro di sollievo.
Non sognano di notte castelli incantati o viaggi alle Maldive.
Sognano ad occhi aperti grembiulini a quadretti e contenitori per la merenda, sperano che il caldo tenga lontani i raffreddori e il mal di gola, perché tutto fili liscio e i ritmi aiutino a riprendere una parvenza di normalità.
Sognano asili aziendali e sostegno al loro ruolo, sognano stipendi adeguati e uguali ai loro colleghi maschi, sognano una società che equamente divida il peso degli impegni e dei pensieri e sognano di riposare, corpo e testa, per più di quindici giorni l’anno.
Le mamme che lavorano stanno aspettando settembre e la parte importante del loro stipendio che è volato in campi estivi e baby sitter, andrà via comunque: in asili nido e di nuovo in baby sitter quando il termometro segnerà la febbre.
Le mamme che lavorano, lavorano il doppio di qualunque uomo ma l’uomo si sente in difetto la metà.
Le mamme che lavorano forse andrebbero ascoltate, capite e poi aiutate.
Perché una cura ci deve pur essere.
Anzi c’è.
Si chiama politica sociale.
Sarebbe l’ora di riscriverla e di farlo seriamente.