Ciao Michela
È che, per quanto ci si possa girare intorno con le parole, la morte ci da fastidio.
Ci pone davanti a una serie di domande che rimangono lì, con mille risposte possibili e senza una risposta che davvero ci rassereni.
La morte di Michela Murgia mi infastidisce più di altre: la mia stessa età scritta negli articoli e l’immensa dignità delle sue parole dalla dichiarazione della malattia in poi.
Possiamo andarcene con estrema serenità, con la consapevolezza di aver avuto dalla vita bagagli importanti da riempire, di averli portati per il mondo e messi a disposizione.
Possiamo andarcene accettando la malattia come una possibilità che non sempre tocca agli altri, a volte tocca a noi.
Possiamo accettare di andarcene ma non di perdere la connessione col mondo, con la nostra lucidità, la relazione col nostro pensiero.
Ecco, se n’è andata Michela e a me rimane un buco, che avrei voluto ancora riempire con le sue parole, e il suo ultimo libro sul tavolino di sala.
Sapevo che sarebbero state le sue ultime pagine ma le ho lette rifuitando questa idea, come i bambini quando puntano i piedi di fronte ad un imposizione adulta.
Nel mio ultimo giorno di vacanze faccio i conti con la morte.
I conti non tornano.
Bisogna elaborare, pensare, giustificare, trovare staccionate a cui appoggiarsi per camminare senza traballare.
Credo quelle staccionate siano tra le sue parole degli ultimi mesi, nelle pagine di tutti i suoi libri.
Proverò a rimettere tutto insieme.
E a pensare all’eternità del pensiero.
Lì non c’è morte.
Ciao Michela. Grazie.
Una donna
Irene Renei
” Non aspettate di avere un cancro per fare quello che volete.” M.M.