Orfani affettivi
Si chiamano orfani affettivi.
Sono quei ragazzi e quelle ragazze che un padre e una madre ce l’hanno ma sono talmente disfunzionali da farli sentire soli in mezzo al mondo.
Sono quei bambini e quelle bambine cresciuti da una mamma e da un papà incapaci di abbracci, di carezze, di baci, di attenzioni emotive, di comprensione, privi di quel sentimento genitoriale che ti impedisce di comportarti con un figlio come faresti con qualsiasi estraneo.
Si chiamano orfani affettivi quei ragazzi e quelle ragazze cresciuti a volte in famiglia all’apparenza perfetta: vacanze, case di lusso, sport costosi e dietro il nulla.
Ragazzi e ragazze nei campi minati di separazioni deflagranti di cui diventano arma da puntare o alleati da tirare di qui e di là senza minimamente pensare alla loro sofferenza.
Si chiamano orfani affettivi e spesso sono orfani tangibili, sbattuti fuori di casa appena maggiorenni, senza in tasca le chiavi per farsi una vita, le basi per sentirsi amati, per sapere chi vorranno diventare.
Non sanno nemmeno chi sono.
Hanno un buco nero nell’anima e lo riempiono come possono, con relazioni sbagliate, amicizie sbagliate, con lo sballo continuo.
Lo riempiono se trovano una casa, un piatto pronto e un letto in cui dormire perché spesso non hanno neanche quello.
Abbandonati nel mondo da genitori vivi e vegeti che hanno altre priorità, altre recriminazioni, altri impegni per poter pensare di lasciare un tetto sulla testa dei loro figli.
E loro si trovano così, maggiorenni, fuori dalla possibile assistenza dei servizi sociali, buttarti nudi nel mondo, dieci euro in tasca e chi s’è visto s’è visto.
A cominciare la vita dieci metri sotto il livello del mare, ad annaspare per rimanere a galla.
Pensate ce ne siano pochi?
Sbagliate.
È che non li riconosciamo, neanche quando ci passano davanti.
Ma ce ne sono tanti.
E sono soli.
Per me casa è sempre stata rifugio, i miei genitori colonne portanti, le loro parole mattoni, la loro comprensione e il loro perdono le fondamenta per costruirmi.
Indispensabili basi per diventare la persona che sono.
Poi penso a questi ragazzi e a queste ragazze.
Dove possono andare?
Cosa possiamo fare?
Non ho risposte.
Irene Renei
www.donnechepensano.it