Bella Ciao
Caro Nonno,
Ti penso oggi, seduto nelle poltrona di velluto della tua sala, la scrivania di fronte a te e sopra il galeone che con pazienza costruivi un legnetto dopo l’altro.
Troppo piccola io nei miei tre anni per dare valore a quella mano ferma e decisa che rifiutò di giurare fedeltà alla Repubblica di Salò nel 1943: da ufficiale dell’aeronautica a camionista, partigiano, con le spalle cariche di cinque figli e una moglie per mano.
Come la vedi oggi da lassù la tua Italia liberata?
Come vedi noi?
Ti vedo scuotere la testa e sospirare.
Cosa abbiamo fatto della valigia di possibilità che ci avete lasciato?
L’abbiamo messa sotto il letto, come le cose scontate che servono poco.
Ci sciacquiamo la bocca con la parola
” Resistenza” ma poco abbiamo fatto per resistere.
Abbiamo solo cambiato un po’ le carte in tavola: dove non entravano gli ebrei ora non facciamo entrare i neri e se entrano, per un cittadino che tende la mano, altri cento li vogliono fuori.
Accogliamo profughi con classifiche di colore, abituati a reality con il voto da casa: quelli biondi ci piacciono un sacco, agli altri ci pensino gli altri.
Cantiamo ” Bella Ciao” perché ci è piaciuta ” La casa di Carta” e forse neanche ne abbiamo capito il senso.
E ci siamo distratti così tanto che sulle sedie rosse di Pertini, De Gaspari e Nenni siedono uomini piccoli d’animo e di cultura: cinture di sicurezza per non alzarsi e portafogli gonfi di soldi e vuoti di principi.
Con l’articolo 3 della nostra Costituzione ci laviamo le mani nei centri commerciali.
Sesso, religione e posizione sociale fanno ancora una bella differenza.
La legge non è uguale per tutti e il pensiero libero si arena su pagine inchiostrate senza più spina dorsale.
Le donne votano ancora ma è solo un proforma.
Si tengono con le unghie e coi denti per non cadere nei fuochi dell’Inquisizione di una società patriarcale.
Loro sono la vera ultima Resistenza che è rimasta, partigiane per le loro sorelle e per la libertà dei propri figli.
Muiono sul campo come mosche uccise da chi dovrebbe amarle.
Il diritto allo studio lo abbiamo riscritto e ci abbiamo aggiunto il diritto a mancare di rispetto alla classe insegnante.
Siamo tutti insegnanti, medici, astronauti.
Tutti opinionisti e politici.
Da anni non vendono umiltà nei supermercati.
Noi da soli non sappiamo coltivarla.
Per cosa hai resistito nonno?
Per cosa hai cambiato città e buttato le mostrine della tua divisa?
Per cosa hai rischiato nascondendo partigiani come te?
Per me?
Per noi che non resistiamo neanche a dieta una settimana?
Ti chiedo scusa nonno mio, per quello che non ho saputo fare, per le lotte che ho lasciato a metà, per quelle che ancora devo iniziare.
Ti chiedo scusa per non aver tenuto la valigia ben in vista, per non aver appeso al muro i nomi dei caduti e lettere dei prigionieri, per aver preso a calci l’Italia liberata che ci avete donato, pietanza preziosa su cui abbiamo sputato.
Irene Renei