14 Febbraio
Lasciamolo ai ragazzi San Valentino.
Lasciamoli a frugare nei loro portafogli vuoti, nelle tasche dei giubbotti, per trovare cinque euro per una rosa rossa che promette un per sempre a cui credono.
Che se sarà per due settimane o un mese che importa, il tempo è relativo ed assoluto a quell’età.
Lasciamolo a loro San Valentino, che già al sabato guardano le previsioni del tempo, che lunedì promette lampi e tuoni.
E si disperano e si scervellano a pensare un posto protetto dalla pioggia dove scambiarsi promesse e baci contro un muro.
Lasciamolo alle ragazze, che alle sette di mattina si spruzzano veloci il profumo della madre perché il collo deve raccontare di donne oggi, di donne che amano e si aspettano amore.
Lasciamole nei loro jeans strappati e nelle loro magliette grandi come i fazzoletti di stoffa della nonna a sognare il suono della campanella per andare al Sushi, uno di fronte all’altro e in mezzo al tavolo una voglia matta di rimanere soli.
A noi adulti che serve San Valentino?
Che l’amore è costruzione.
Un giorno metti un mattone e il giorno dopo il vento vuol buttarlo giù.
E servono le mani di entrambi e i calli per sentire meno male.
Che serve aiutarsi a mettere sopra un altro mattone e tenersi le spalle col male alle gambe.
Io tengo te, tu tieni me, altrimenti crolla tutto.
Che la rosa più bella è se oggi fai tu la spesa e me la fai trovare a casa.
Se nella busta che nascondiamo nel cassetto ci sono quattrocento euro che ci siamo rubati e ce ne andiamo tre giorni in Toscana quando tutto il mondo lavora.
Che l’amore per molti è silenzio di chi non c’è più e una rosa fresca ogni sabato mattina a parlare in ginocchio, occhi vivi in occhi sempre uguali, a raccontare dei figli che crescono e di quel vuoto che non si riempie più.
Perché sì, l’amore riempie i vuoti e colma spazi, conosce i difetti e accarezza limiti.
L’amore trema e spesso sbuffa, suda e si stanca.
Se è allenato resiste, se è pigro si ferma.
E non bastano rose o cioccolatini o frasi che durano un giorno.
Servono progetti comuni e passioni e amici, spazi divisi e spazi condivisi.
Serve costruirlo l’amore, quello che si prova da grandi.
Che se i mattoni li tieni su bene, ti trovi in tasca quindici anni anche a quaranta.
Ai nostri ragazzi lasciamo la cornice che per loro ora é il quadro, il sabato del villaggio dell’amore.
E aspettiamoli a casa lunedì sera, stropicciati e a un metro da terra.
A vederli volare sul letto, gli occhi al soffitto e lo sguardo perso.
A pensare a quel bacio che sarà il primo, l’ultimo, il più bello, l’amore assoluto che non finirà mai.
Almeno fino a Marzo.
Irene Renei