L’indifferenza uccide
Le strizza la bocca con la mano per toglierle il rossetto appena messo e tenendola per le spalle le sbatte la testa contro la saracinesca abbassata del negozio in pieno centro.
Le amiche a pochi metri assistono alla scena tra rabbia e paura.
Lei le guarda e fa “ok” con la mano, come a dire è tutto a posto, niente di grave.
Alcuni adulti presenti sul posto si girano per il rumore metallico seguito al colpo.
Nessuno interviene, nessuno si muove.
Lei ha sedici anni,
Lui venti.
È arrabbiato perché in questo sabato sera vuole che lei lo aspetti a casa .
“Vai a casa mia e aspettami lì “
Vuole star fuori da solo.
Lei non può andare al mare, lui non vuole che si metta in costume nel suo metro e settanta di un fisico mozzafiato.
Lei non può vestirsi come vuole.
Lui la prende per i polsi e la trascina a casa a cambiarsi.
Lei è vittima di violenza e non ascolta nessuno, dice che no, non ha lividi e non ha perso sangue.
Anche gli schiaffi seguiti dopo non sono schiaffi perché non è rimasto il segno.
Lei è vittima di violenze psicologiche e fisiche e come la maggior parte delle vittime giustifica quell’ amore malato, non lo farà più e lo fa perché mi ama.
Lei giustifica perché se gli adulti presenti guardano e non muovono un dito sdoganano la normalità della violenza.
Lei giustifica perché ha bisogno di colmare vuoti d’amore e di attenzione che le hanno scavato l’anima lasciando fuori uno splendido involucro fragile come i sassi dei datteri di mare della sua terra.
Lei non vuole aiuto, allontana tutti e lui da tutti la allontana.
Le amiche che la mettono in guardia non le deve vedere dice lui e lei le incontra di nascosto e se lui arriva corre via.
Lei alcuni giorni lo vuole lasciare ma le manca il coraggio, altre lo ama ancora troppo anche solo per pensarci.
Lei è dentro un quadro perfetto di violenza di genere, non sa come ci è finita e non vede la sua immagine sopra la tela.
Inconsapevole va avanti in una strada che si fa sempre più stretta .
Io ascolto le parole delle amiche sempre più impotenti .
Mi domando come possano degli adulti rimanere inermi di fronte ad una ragazza maltrattata .
Gli stessi adulti pronti a chiamare la polizia se sentono nell’aria l’aroma di erba tra le labbra di giovani ragazzi in un termometro di gravità in cui non puoi passarla liscia se fumi uno spinello ma se picchi una ragazzina chi cacchio se ne frega.
Mi domando come possa una famiglia informata dei fatti chiudere due occhi e tapparsi le orecchie di fronte ai racconti distorti di lei.
Mi domando cosa posso fare io, madre fallibile come tutti, per essere di esempio a mia figlia e di aiuto a questa anima persa.
Mi domando e non dormo.
Cerco le parole
Cerco soluzioni col pensiero che il prossimo episodio potrebbe essere peggiore.
Penso quanto sia difficile agire quando le storie le senti sulla pelle perché le vite coinvolte sono intrecciate con le tue e penso che no, non starò ferma la prossima volta.
Perché una mano ferma di fronte alla violenza è colpevole quanto quella che colpisce.
Penso che scuola genitori e stampa debbano trovare il modo di fare catena e formare coscienze, di fare rete intorno alle donne, di dare loro armi culturali per mettersi in salvo, di togliere loro di dosso quell’unto senso di colpa che le frena dallo scappare via.
Penso che ognuno di noi abbia il dovere di fare e non di aspettare.
Penso che a sedici anni dovresti camminare a braccetto della tua migliore amica raccontandole del tuo bacio di ieri, del cuore che ti batteva forte nel petto e non della tua testa sbattuta su una saracinesca in pieno centro di fronte a gente che guardandoti sorseggiava un mojito.