Mare
Ieri siamo usciti in mare col gommone.
Il cielo era grigio e il vento rinfrescava il viso.
Il meteo mare dava onde alte un metro, non ideali per rilassarsi ma nemmeno tanto alte da fermarsi.
Volevamo portare i nostri amici di montagna a vedere le bellezze del nostro golfo e avevamo a disposizione solo la mattinata.
Spalla a spalla con Licia, tra onde che profanavano l’asciutto dei cuscini e bagnavano le borse e gli asciugamani, ci siamo guardate negli occhi, soli noi quattro in tutta quella stesa d’acqua arrabbiata che si arricciava nel bianco e ci picchiava contro .
“Hai paura?” chiedo
“No” risponde lei.
“Solo mi domando come si possa stare dentro un gommone di notte, nel mare agitato, vedendo la costa lontana “
” il mare che per me è riposo e svago, per altri è una bilancia di vita o di morte. Pensavo questo due giorni fa sdraiata a prua col cuscino sotto la testa. Io qui rinasco dalla fatica e qui c’è chi muore per trovare la vita, una vita degna di questo corto piccolo nome.” aggiungo io.
E ci domandiamo insieme se tutte quelle persone che a gran voce imprecano contro le ONG, se tutti quelli che urlano “lasciateli affogare che cosi non vengono più!” abbiano mai provato la paura di morire; se la signora bionda avvezza ad urlare davanti ai microfoni che è un’italiana non provi la minima vergogna a postare sul suo profilo social una vignetta in cui a sinistra un cittadino non viene fatto entrare al ristorante perché non mostra il green pass e a destra un uomo tende la mano ad un altro uomo che scende da un gommone dicendo: “Benvenuto “, paragonando la nostra voglia di spaghetti alle vongole alla voglia di un uomo di voler sopravvivere, di poter lavorare, di essere libero.
E ci chiediamo con la mia amica di montagna se qualcuno di questi giudici solerti del destino altrui si sia mai trovato nel mare agitato, per poter capire la paura, la speranza che pulsa nel cuore di trovare salvezza.
Poi allunghiamo lo sguardo che si stampa sui cento metri di un super Yacht davanti a noi,
fermo come se fosse appoggiato su di un piedistallo sullo stesso mare in cui noi balliamo tenendoci strette ai tubolari .
Noi zuppe e impastate dal sale, loro a sorseggiare caffè nei saloni, senza cura di cosa ci sia fuori.
E in un attimo è chiaro che la prima partita che giochi nella vita sta nella pancia che ti mette al mondo.
Crescere invece vuol dire avere la capacità di capire chi è altro da te, chi ha percorso strade diverse non per scelta ma per destino.
Io guardo fuori tra le onde e sento la paura degli altri oltre alla mia.
E quella mano tesa a tirarli su dal mare lo sento un dovere civile non una scelta politica .
Ieri cinquantasette persone sono morte naufraghe al largo della Libia.
Tra loro venti donne e almeno tre bambini.
Io ho ormeggiato il gommone, ho tolto dallo zaino dei vestiti asciutti, mi sono cambiata e sono andata a pranzo fuori.
Spaghetti alle vongole vista mare.