Ti nascondi
Credevo fosse un quaderno
Invece era il tuo cuore.
Quella penna lasciata in mezzo a tenere il segno mi ha aperto un pezzetto di te e a metà fra la vergogna e la paura ho letto.
Ho letto perché è sempre forte il timore di non capire, di non saper cogliere segnali importanti.
Ho letto e ad ogni parola ti chiedevo scusa per quell’intrusione.
Ho letto e ad ogni punto perdonavo mia madre, che apriva ogni mio diario, frugava in ogni tasca, guardava gli scontrini e io la odiavo, Dio quanto la odiavo.
Ho letto e ho trovato una ragazza ferita che mischiava il suo sangue con lo zucchero che ha dentro.
Una donna matura che si vede dal di fuori e conosce l’importanza dei gesti e la grandezza dei sentimenti.
Una lettera a metà che non vedrà mai un destinatario.
Ha visto me però.
E anch’io mi sono rivista, appiccicata nei miei sedici anni in cui parlavo di sesso facendo finta di non vergognarmi mentre dentro un’ enciclopedia di come e perché mi assillava.
Mi sono rivista nel mio seno troppo piccolo che non cresceva mai, nelle miei amiche che erano tutte belle tranne me, tutte simpatiche tranne me, tutte con la risposta pronta tranne me.
Mi sono rivista su quella versione di greco che non finivo di tradurre mai perché su ogni parola c’era la faccia di lui e un mio sospiro.
E lui che mi baciava e poi non mi voleva o mi voleva a giorni alterni.
Ho rivisto te.
Che rientri la sera con le cuffiette addosso cantando sottovoce e muovendo i fianchi.
Tu che ti sdrai per terra e baci il cane ,poi baci me e chiedi che c’è per cena.
Questo vedo io e i tuoi racconti buffi, i video su YouTube, il tuo odio per questo e quello durante il telegiornale.
Poi vai in camera tua, chiudi la porta e ti porti dietro quella parte di te che è solo tua, che non si può più condividere in sala tra il divano e tuo papà.
Ma non riesci nemmeno a condividere con me, quando mi infilo con te sotto il piumone, facendo finta di avere qualcosa da dire e invece voglio solo te.
Quella parte di te che è sempre più scura davanti ai miei occhi.
E perdonami per questo.
Perché lo so che hai ragione tu.
Tu cresci io invecchio.
Anzi no, tu cresci e io cresco ancora con te.
Cresco come madre che imparerà a farsi da parte.
Cresco come figlia che ancora tante cose deve capire e per tante cose deve ringraziare.
E lo faccio grazie a te,
alla tua vita che mi cresce affianco diventando irraggiungibile,
alla bambina che sveglio al mattino con un bacio e alla donna che mi prende in giro la sera perché mi addormento prima di lei.
E mentre cresci ricordati che ci sono.
Come il caricabatterie sopra il tuo letto.
Non serve spiegargli quante telefonate hai fatto o perché la batteria è a zero.
Prendi il telefono, lo attacchi e lui si ricarica, come per magia.
Ecco, vedimi così, sono la tua magia.
Non devi dirmi niente ma puoi attaccarti a me, ridere, piangere, far parlare il silenzio.
Non ho bisogno di spiegazioni e neanche di elettricità.
Sono il tuo magico caricabatterie.
E mi trovi sempre qui.
Irene Renei