Maternità
Quanto l’ho cercato il terzo figlio.
Che poi sarebbe stato il terzo e il primo, un regalo a quell’amore grande con cui mio marito aveva accolto Matteo e Marta.
Sarebbe stato il terzo ma era il primo che non veniva.
E ricordo la sua mano calda sulla pancia ad accarezzare una speranza e le lacrime piu’ calde ancora quando ogni mese, puntuale arrivava il ciclo.
Ricordo un mondo di donne incinte che mi incrociava sui marciapiedi in città, ricordo l’ansia dei risultati delle analisi.” Siete perfetti”.
Allora speravamo ancora.
E intanto il tempo passava e l’età che mi guardava allo specchio dava altri consigli.
Io, io che non avevo fatto nessun test nelle mie precedenti gravidanze perché quel dono lo avevo accettato a scatola chiusa, cosa avrei fatto ora di una gravidanza alla mia età? Scelte diverse? Pesi diversi? E perché proprio a me che ero già stata così fortunata doveva capitare la terza gravidanza perfetta?
Ricordo i giorni per fare l’amore e i giorni di pausa perché il seme fosse più forte e ringrazio il grande amore che ci lega perché mettere l’orologio alla passione è una violenza inaudita.
Poi una mattina io e lui soli, mi siedo sul bancone della cucina ,per guardarlo meglio negli occhi e gli dico “Che vuoi fare tu? Abbiamo diritto noi, noi che abbiamo tanto, noi che abbiamo già due figli meravigliosi, una casa dove la volevamo, noi che abbiamo il mare, abbiamo diritto di andare oltre? Di forzare con un’inseminazione artificiale? O è il caso che prendiamo atto, ci fermiamo qua, mettiamo questo piccolo sogno in una scatola bellissima e colorata da appoggiare in soffitta, per ricordarsene con tenerezza quando saremo vecchi?.
“Compriamo la scatola ” mi ha risposto lui.
E abbiamo ripreso fiato e la misura con una vita che davvero ci aveva già regalato più del necessario per essere felici.
I nostri figli sono cresciuti, ci hanno portato in mondi nuovi, noi a metà tra l’essere genitori e adolescenti a nostra volta.
La casa si è riempita di vite parallele, ragazzi passati bambini e tornati con la barba, amiche sempre nuove di Marta.
“Mangiano qui mamma, dormono qui mamma”
“Vivono qui ” dice il mio consorte.
Ci siamo trovati la domenica mattina ad apparecchiare per dieci.
Abbiamo asciugato lacrime e medicato ferite, fatto pranzi da mensa, siamo partiti in auto a qualsiasi ora della notte per recuperarli o toglierli da situazioni difficili.
I maschi organizzano cene per portar fuori mio marito , le femmine mi chiedono di raccontare in loop di quando ero ragazza e parliamo ore accovacciate sul lettone di Marta .
Io sento un amore che dilaga, forse troppo, per ognuno di loro.
Un misto di soddisfazione e stupidità quando entrano in casa e senza chiedere aprono la porta grigia per mettere giubbotto e scarpe, cercano la cocacola nell’angolo a destra, la nutella nel cassettone.
Loro sono a casa.
Siamo a casa.
E forse c’era un disegno se quel terzo figlio non è arrivato.
È arrivato però l’affido, un affido che comprende una mamma meravigliosa e dei piccoli terremoti che non ho la forza di gestire ma che con un bacio sulla porta mi fanno ritrovare l’energia dei miei vent’anni.
C’erano già tanti figli nati e che sarebbero arrivati qui ,pronti da amare, per cui essere un valore aggiunto, un piccolo bed and breakfast in cui fuggire dalle regole di casa, un rifugio sicuro e caldo nelle giornate in cui nella vita piove.
Ci sono mille forme d’amore e per noi c’era sicuramente un disegno.
Ed ora che lo vedo finito quel disegno, è molto ma molto più colorato della scatola chiusa in soffitta.
Irene Renei
www.donnechepensano.it